Il Sistema Macroeconomico Italiano continua ad essere fragile ed instabile:
A ciò si aggiungono le caratteristiche “strutturali” del nostro Sistema, in cui le Banche continuano ad accumulare NPL che non liberano ulteriori risorse in funzione di un quadro normativo e regolamentare sempre più stringente; e le PMI che accanto all’autofinanziamento, continuano a fare ricorso unicamente a finanziamenti “tradizionali” da parte del sistema bancario.
Occorre imporre un cambio di marcia, che è necessariamente un cambio culturale!. Vediamo perché.
Intanto il Legislatore ha iniziato a fornire alcune risposte. Su insistenza e proposta delle associazioni degli imprenditori, negli ultimi anni si sono succeduti diversi provvedimenti normativi con lo scopo di rendere maggiormente convenienti gli apporti di capitale di rischio o di consentire la raccolta di capitale di debito con strumenti alternativi al credito bancario (minibond). Altre iniziative sono state avviate con l’obiettivo di favorire l’offerta di capitali verso le imprese, sia nella forma del capitale di rischio (private equity) sia nella forma del debito (private debt).
Questi nuovi strumenti sono spesso etichettati come ‘alternativi’ al credito bancario. In realtà questo appellativo è fuorviante, per due ragioni. La prima è che essi non sono destinati a ‘sostituire’ il ruolo degli intermediari bancari nel finanziamento delle imprese; al contrario, essi possono rafforzare la capacità di accesso al credito bancario e, pertanto, vanno considerati come strumenti complementari piuttosto che alternativi alle diverse forme di finanziamento ottenibili attraverso gli intermediari bancari.
La seconda, e più importante ragione, è che le caratteristiche di queste nuove fonti di finanziamento ne fanno strumenti molto diversi dal credito bancario; in particolare per il loro impatto sulla governance d’impresa. La preferenza per il credito bancario da parte degli imprenditori è dovuta non solo alla convenienza, ma anche all’obiettivo di limitare l’ingerenza dei finanziatori esterni nelle scelte dell’impresa. Il rapporto con gli intermediati bancari, fondato sul sistema delle garanzie personali o reali, prevede una limitata o nulla ingerenza dell’intermediario nelle scelte dell’impresa e una scarsa necessità di trasparenza e comunicazione su tali scelte. Questa propensione è spiegata non solo dal modello di governance tipico delle PMI (proprietà e gestione familiare) ma anche dalle necessità di flessibilità e rapidità decisionale che costituiscono uno dei principali fattori di competitività delle PMI.
L’impatto sulla governance d’impresa, e sulle necessità di trasparenza e comunicazione, cambiano in modo consistente quando si prendono in considerazione i nuovi strumenti finanziari.
Al fine di valutare e monitorare i rischi assunti gli investitori in private equity e private debt richiedono all’impresa standard di trasparenza e comunicazione molto più elevati di quanto non facciano gli intermediari bancari. Anche l’impatto sulla governance d’impresa è rilevante, in particolare quando si considera il reperimento di capitale di rischio.
Per queste ragioni gli interventi di private equity e venture capital hanno finora interessato un numero molto ridotto di imprese. Si tratta di un mercato che deve ancora esprimere gran parte delle sue potenzialità, sia considerando il gran numero di PMI che potrebbero accedervi, sia considerando la quantità di risorse finanziarie attualmente disponibili.
Ma le basi per un cambiamento significativo ci sono tutte Anche la disponibilità di capitale da parte degli investitori è notevole e attualmente superiore alla domanda. Spetta alle imprese sfruttare al meglio le nuove possibilità. Partendo dalla consapevolezza che approcciare questi nuovi strumenti non significa semplicemente sostituire una fonte di finanziamento con un’altra; per gli imprenditori che hanno volontà di percorre la strada della crescita e dell’innovazione deve trattarsi dell’occasione per ripensare le strategie di sviluppo e i modelli di governance della propria impresa.
In particolare oggi due fattori spingono verso nuove ulteriori strumenti di finanza complementare/alternativa: le grosse masse di liquidità privata pronta ad essere collocate su finanziamenti “interessanti” e le nuove tecnologie legate al mondo delle Fintech (piattaforme e portali).
Tra i nuovi strumenti un ruolo centrale è ricoperto dal Crowdfunding.
Il termine crowdfunding, indica il processo con cui più persone ("folla" o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet ("piattaforme" o "portali") e ricevendo talvolta in cambio una “ricompensa" (Consob).
Il crowdinvesting è un sottoinsieme del crowdfunding, laddove investitori finanziari diffusi possono, attraverso una piattaforma internet abilitante, rispondere direttamente ad un appello rivolto alla raccolta di risorse per un progetto, in cambio di una remunerazione del capitale" (Politecnico di Milano), a differenza delle forme prevalentemente "social".
Nell’ambito del Crowdinvesting, principalmente riconosciamo:
La normativa italiana, la prima in Europa a regolamentare questi strumenti, prevede diverse facilitazioni ed agevolazioni, tra le altre: l’estensione dell’equity crowdfunding a tutte le PMI; l’applicazione della ritenuta sostitutiva del 26% ai proventi del lending crowdfunding; una detrazione fiscale pari al 40% della somma investita da persone fisiche in Startup, PMI innovative e OIRC; una deduzione fiscale pari al 40% per le persone giuridiche che investono nelle stesse tipologie di società.
Nonostante le agevolazioni fiscali e i vantaggi per le imprese però, accedere a questi canali può risultare complicato dal punto di vista pratico. Per questo motivo alcuni operatori si sono specializzati nel settore, e agiscono come intermediari tra i risparmiatori e le imprese, gestendo tutto il processo.
Il Crowdfunding, quindi, insieme al Private equity, private debt e mini-bond, è uno strumento che si adatta a imprese diverse, rispondendo ad un’esigenza comune: creare per l’azienda un canale complementare al sistema bancario tradizionale.
Cross Hub grazie ai suoi specialisti nel settore del funding può aiutare la tua impresa a capire quale sia lo strumento più adatto per finanziare i progetti di crescita, garantendo l’equilibrio finanziario nel breve e medio - lungo termine.
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